Videoinsight® Magazine 2016|3 | Georges H. Rabbath ‘The Better World’
Georges H. Rabbath. ‘The Better World’
Il Tempo dell’Immagine: Precisa Collocazione del Desiderio
Videoinsight® Garden, 11 aprile 2016
La creazione dell’immagine che esprime movimento è quella modalità che la rappresentazione convenzionale adotta da sempre. Fondata sul principio di contiguità tra personaggio e ambiente e sulla funzione dell’istanza narrativa, la sua natura subordina tutta la costruzione alle concatenazioni di causa ed effetto. Il montaggio, inevitabile, sarà nascosto, invisibile, funzionale alla storia. Le azioni e i gesti compiuti dai personaggi si svolgeranno in maniera coerente e in concordanza con l’insieme generale che garantisce un senso e una comprensibilità totale. Ciò non accade soltanto per il cinema: potremmo riscontrare le stesse peculiarità nelle creazioni tradizionali: pittoriche e scultoree, fotografiche e teatrali.
L’immagine che, invece, sa sprigionare il tempo, può emancipare la visione da qualsiasi intreccio. Mentre nel primo caso tutto era in funzione del pretesto narrativo, adesso ogni momento emana un’intuizione nuova, aprendosi agli ambienti vuoti, agli spazi illimitati ed espansi, alle lunghe attese, ai non-luoghi, ad una sospensione paesaggistica, esistenziale o biologica. La fluidità diventa protagonista, cede la compostezza delle polarità di significanti: i personaggi si disperdono nell’ambiente, ponendosi in opposizione ad esso, dimostrando una loro perpetua estraneità.
La potenza creativa si slaccia dal potere della linearità: la narrazione offre altre soluzioni utopiche. Qui nasce il mondo migliore, la percezione liberatoria di una via d’uscita: non soltanto età dell’oro, ma netta declinazione e tagliente formulazione del futuro, premonizione che si auto-avvera.
Catturare, allo stesso tempo, il soggetto e il suo travaglio: gli accenni di tutto il tempo passato e il mistero della nascita, l’enigma del divenire. È questo il compito del ritrattista, la battaglia dell’artista. La pratica estetica, continuamente, fa immagine, delinea effigi e colori, solca confini di universi: nella scrittura, nella musica, nell’arte figurativa, nel corpo dell’attore o di un agente performativo. Questa creazione non ha nulla a che fare con fantasia o ricordi verbalizzabili in maniera univoca e definitiva, con determinazioni necessariamente sensibili. Al contrario, la figura può essere intesa e percepita nella nudità di un concetto, nel sentore di una predizione, nella purezza di un contenuto, nel funzionamento di una formula: è la suggestione che rimane impressa nelle profondità encefaliche, che solca il nostro inconscio. La fotografia, in quanto trascrizione della luce, ci dà sempre a priori un’ illusione di verità, richiedendoci una sospensione dell’incredulità. Sebbene non possa essere definita in termini di verosimiglianza, poiché ogni scatto presuppone una scelta di inquadrature e sottintende un punto di vista, essa richiede un assenso preventivo. I dipinti e la video art, nel corso dell’ultimo secolo, ne hanno succhiato l’illuminazione, assimilato la capacità espressiva.
Lunedì 11 aprile 2016, all’interno del Videoinsight® Garden di Rebecca Russo, Georges H. Rabbath si aggirava munito del suo obiettivo fotografico. Tutti avremmo pensato ad una classica sessione di shooting, impreziosita dal talento dell’autore, sempre attento ai rapporti di estemporaneità tra individualità e circostanze ambientali, storiche, relazionali. I partecipanti avrebbero dovuto passeggiare attraverso l’affascinante giardino, pensando alla loro particolare e unica idea di mondo migliore in armonia con le istanze e le strutture portanti del Metodo Videoinsight® di Rebecca Russo, trovare un equilibrio vitale in un punto preciso tra alberi e arbusti e, infine, lasciarsi immortalare dallo sguardo attento dell’artista. Georges stesso ha, invece, amplificato la propria esperienza: ha “migliorato” il proprio rapporto con l’altro, con il soggetto del proprio desiderio, compenetrando formalmente e concettualmente la tematica contenutistica dell’esperimento. I suoi lavori hanno lavorato su un tempo privato dallo spazio e arricchito dallo spostamento: il luogo è divenuto scenografia, parte integrante dell’immersione in un cosmo di energie compiute. La fissità dello scatto si è prolungata in una sequenza di tablaux vivants di alcuni secondi: Georges ha girato dei brevi video, film che diventeranno, forse, serie di fermi-immagine, stampe. Il risultato, per ora, è la condivisione di brevi cortometraggi senza trama: l’ordito che li lega è il desiderio biunivoco di una possibilità altra, la perfezione di un dialogo fatto di silenzio, respiro ed esistenza pura.
A cura di Ivan Fassio